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Legenda
L'Autore
L A     S T O R I A
- Scritta da Francesco Franceschi e Fabio Meschini -
Pagina 01

Buio. Piano piano si dirada, arriva la luce. No, sono io che sto aprendo gli occhi, lentamente. Metto a fuoco, anche con il cervello, e mi rendo conto di giacere sul pavimento. Moquette, scura, in netto contrasto il chiaro delle pareti, completamente spoglie, fatta eccezione per un quadro : cornice barocca, asimmetrica, male appesa, con all'interno una tela bianca con un punto nero nel mezzo. Nella mia mano un bicchiere di cristallo, apparentemente pulito, con un disegno inciso sopra e alla mia destra una lampada in ottone, anni sessanta direi, ed un telefono. La luce arriva dalla parete a vetri su uno dei lati della stanza: e' completamentre appannata e perlata di condensa, ma si capisce comunque che fuori piove e deve essere mattino presto. Un gatto. Guarda fuori dandomi le spalle: evidentemente ha gia' deciso da un po' che per lui non sono un problema. Mi alzo, il gatto ancora non mi si fila, mi guardo ancora intorno, la pioggia batte contro i vetri, le tempie mi battono, il cuore... si batte ancora, non c'e' neanche un rumore. Il gatto si gira. Il telefono squilla. Ignoro lo squillo del telefono, mi fa troppo male la testa e non voglio parlare con un altro essere umano... il gatto pero' fa eccezione. Io amo svisceratamente i gatti. Mi affascinano, anzi addirittura sento una coinvolgente affinita' con il loro modo di vivere, pigro e contemporaneamente vigile. Guardo il gatto negli occhi e lui ricambia fermo il mio sguardo. "Bel micione, vieni qui", gli faccio, con voce calma, ma un po' roca. Il dolore alla testa e' ancora molto forte, ma le pulsazioni piu' dolorose si sono un poco attenuate. Il gatto rimane immobile per qualche secondo, poi si alza e mi viene incontro trotterellando. Si ferma vicino alla mia mano protesa e mi guarda. Lo accarezzo e lui ci sta. Ahhhhh, che sensazione rilassante. Quel serico pelo accarezza i miei nervi tesi per il dolore. E' un vero toccasana. Poi sento con la mano qualcosa di duro. Stringo le dita. E' un collare intorno al collo del gatto. Strano... Un gatto con un collare e' una cosa abbastanza unusuale, perche' loro non amano avere il collo legato con qualcosa. In mezzo al collare c'e' una specie di palla metallica. La afferro. Sembra divisa a meta'... Cioe', e' divisa a meta'. Si tratta di due mezze sfere avvitate. Le svito. Sono molto incuriosito. Dentro c'e' un foglio ripiegato piu' volte. Lo prendo. Il gatto rimane calmo e fermo per tutto il tempo di questa operazione. Poi, di nuovo all'improvviso, si scrolla un po' il pelo, si alza, mi fa un 'Miao!' e se ne va lontano, in fondo alla stanza, nel buio. Stupendi animali... Bah, certo e' strano che mi abbia trattato in modo cosi' amichevole. Forse lo conosco gia', pero' non mi viene in mente il suo nome. All'improvviso un pensiero mi gela la schiena e mi rimbomba nella testa: "Ma io come mi chiamo?" Terrore allo stato puro. Non ricordo piu' chi sono e cosa faccio li'. Il pensiero del nome del gatto ha portato alla luce questa orribile verita' che cercavo inconsciamente di tenere nel fondo del cervello. La gola mi si fa secca. Stringo i pugni. Nella mano destra sento qualcosa. Realizzo. E' il pezzo di carta che stava nel collare del gatto. E' buio per leggere. Mi serve luce. Accendo la lampada. Dispiego il foglio. Si tratta di una pagina liscia di quaderno, con al centro una breve frase, scritta con una grafia leggera, tondeggiante e continua, sicuramente di una donna. Il mio cervello ha un sobbalzo. Forse sono un grafologo??? Ci penso un po'... No, non mi sembra.. Torno a prestare attenzione al foglio. Cerco di metter a fuoco meglio. La frase dice testualmente: "Non me lo sarei mai aspettato da te. La situazione si complica. Incontriamoci domani sera al 22 di Kensington Square". Rimango perplesso. Domani sera'??? .... rispetto a quale giorno?? Non ci sto capendo nulla. Per terra vedo un bicchiere ed una bottiglia di whisky. E' proprio quello che mi ci vuole! Mi riempio il bicchiere e butto giu' il liquore con un solo sorso. C'e' un disegno sul bicchiere... Lo guardo meglio.. no, non e' un disegno, e' una sigla.. si tratta di due lettere "FP"... Non mi dicono nulla. Il liquore pero' mi ha scaldato il petto ed anche schiarito un po' le idee. Debbo muovermi. Mi alzo e prendo all'improviso una decisione. Si, ora so cosa debbo fare! Devo assolutamente trovare un bagno. Non so come mi chiamo e cosa ci faccio qui ma sono assolutamente certo di quello che dovro` fare nei prossimi secondi. Vado per aprire l`unica porta della stanza ma sembra chiusa e non c'e' chiave: questo significa che sono stato chiuso qui dentro da qualcun'altro. Rapido sguardo al resto della stanza: lampada...no... bicchiere.... troppo piccolo.... bottiglia di whisky... troppo difficile...un secchio! Decisione istantanea. Tanto il gatto non ci fara` caso, loro sono abituati a farla in pubblico, se necessario. Ok, ora posso ragionare con calma. 22 di Kensington Square, quindi presumibilmente Londra: sono a Londra? Vado alla parete a vetri: devo essere su un grattacielo o qualcosa comunque di molto alto: la pioggia e` molto fitta e non c`e` una grande visibilita` ma riesco a vedere in basso un serpente metallico snodarsi dall`orizzonte fino ad entrare alla base dell`edificio: e` una metroplitana leggera e corre sollevata dal suolo, lungo un fiume: se fossi veramente a Londra potrebbe essere il Tamigi e quella in basso la Docklands Light Railway. Ma com`e` che mi ricordo questi particolari e non so ancora chi sono? Riflettere su questa cosa mi fa salire istantaneamente il mal di testa, e provo ancora la sgradevole sensazione di avere un velo che mi ottunde la mente: meglio soprassedere. Tentiamo con qualche altro indovinello. FP. Sono in un Hotel? Sono le mie iniziali? Potrebbero anche essere solo il marchio di qualche marca di Champagne o vino. Il gatto nel frattempo e` tornato a fissare l`esterno. Continuo a guardarmi attorno alla ricerca di un indizio. Osservo meglio il quadro: noto che il punto in mezzo alla cornice non e` su una tela: e` un dischetto sospeso a mezz`aria con un filo sottilissimo: lo giro. Una chiave e` fissata sul disco con del nastro adesivo: la stacco. Sotto la chiave, una scritta: LSS-153. Ottimo. Devo essere sicuramente un enigmista professionista e questo e` il test per ottenere la promozione. Ok, calma, devo assolutamente calmarmi, tanto piu` che essere sarcastico con me stesso non mi fa davvero sentire meglio. Torniamo alla porta. Knock Knock. Non sembra un granche` pesante. Ok: Inspirare, sollevare gamba, pianta del piede perpendicolare al suolo: calcione diretto sulla maniglia. La porta si apre senza difficolta` : evidentemente chi mi ha chiuso qui voleva solo trattenermi per un po` oppure non aveva previsto che mi svegliassi. Pensiero pessimo, quest`ultimo. La porta da` su un corridoio: a sinistra, dei bagni: logico. A destra il corridoio fa una curva e arriva in una grande sala: a giudicare dalle impronte sulla moquette doveva essere un ufficio, uno di quelli con tante postazioni a celle composte da divisori a mezza altezza: ora non c`e` nulla, solo qualche cavo qua e la` esce da borchie a filo del pavimento: non sembra abbandonato da molto, ma chi se ne e` andato ha fatto un gran lavoro di pulizia. Sul fondo della sala c`e` un ascensore. Uno solo. ora che ci penso qui non c`e` nessun altra uscita, neanche le scale di sicurezza! L`ascensore ha un unico bottone: lo premo. Passano alcuni secondi e la cabina arriva, con un classico Ding' che mi invita a entrare. L`interno e` rosso con finiture in alluminio e una disegno illustra la mappa degli elevatori dell`edificio: io sono su una tratta intermedia: per scendere al piano terreno devo cambiare al trentacinquesimo piano, se voglio arrivar sul tetto devo cambiare al settantacinquesimo. Le opzioni sono chiaramente 2: o scendo o salgo. Mi sembra quasi di essere un burattino e che qualcuno stia muovendo i miei fili, divertendosi parecchio. La soluzione piu' ovvia è che scenda, percio', dato che mi sono gia' rotto le balle di tutta questa storia, invece io salgo. L'ascensore parte cosi' veloce che quasi cado in terra. Deve essere uno di quegli ultimi modelli pneumatici ad aria calda... forse, forse sono un ingegnere?? Mmmm, no non mi sembra, comunque per non ricordare chi sono, so un mucchio di cose che non mi aiutano a ricordare me stesso. L'ascensore rallenta. Si ferma. La porta si apre. Sono sul tetto. Piove leggero e fitto, mentre un vento schiocca raffiche improvvise e traditrici. Mi piego contro il flusso dell'aria e mi dirigo verso il parapetto, a circa 100 metri da me. Passo su una serie di cerchi e scritte gialle in terra. E' una pista atterraggio per elicotteri. Ma la vernice è vecchia e screpolata. Procedo.
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